MAX Machine o Commodore Game System?
Chicago, giugno 1982. All'edizione estiva del Consumer Electronics Show veniva mostrato per la prima volta un Commodore 64 funzionante. Allo stand Commodore veniva presentata tutta la linea di prodotti, i computer professionali della famiglia PET e un'altra particolare macchina che era stata appena lanciata dalla divisione giapponese con il nome di MAX Machine, presentata al mercato americano come Ultimax e annunciato anche in Germania con nome di VC-10.
HAL Laboratory, la software house giapponese che aveva curato lo sviluppo di molti giochi per VIC-20, aveva convertito alcuni titoli per la nuova piattaforma hardware, comune al Commodore 64 e alla Max Machine, per metterne in mostra le superiori capacità grafiche e sonore.
La Max Machine fu presentata in più versioni: il modello con la tastiera a membrana che fu commercializzato in Giappone e un prototipo con la scheda madre alloggiata in un case simile a quello di un Commodore 64 senza tastiera e con lo slot per le cartucce nella parte superiore.
Commodore aveva praticamente concepito un C64 Game System con 8 anni di anticipo! Una console che avrebbe potuto sbaragliare la concorrenza dell'Atari VCS 2600, dell'Intellivision e del ColecoVision. Le caratteristiche tecniche della Max Machine erano le più avanzate dell'epoca ma il suo posizionamento sul mercato ne decretò il fallimento commerciale. Tuttavia, questa macchina fece da apripista al Commodore 64.
MAX Machine in Giappone
Dopo il successo del VIC-20, nel 1982 Commodore introdusse un nuovo home computer sul mercato giapponese, noto come MAX Machine.
Nei piani dell'azienda, era previsto il rilascio di due nuovi modelli nel corso del 1982: il VIC-40 (in seguito rinominato Commodore 64) e il VIC-10, una versione ridotta, basata sullo stesso chip grafico, dedicata ai videogame e in competizione nel mercato emergente delle console.
L'ingegnere giapponese Yashi Terakura, quando venne a sapere che Al Charpentier e Bob Yannes erano al lavoro sul nuovo chipset appositamente progettato per i videogame (lo stesso VIC-II che equipaggerà il C64), decise di utilizzare quel nuovo hardware per realizzare una console che battezzò Ultimax. Successivamente, il nome venne cambiato in MAX Machine, perchè, si dice, il nome originale suonova troppo simile ad un prodotto per l'igiene intima in vendita in Giappone.
MAX Machine Hardware e Software
Come si può notare dalle foto della scheda madre, la maggior parte delle componenti sono le stesse che verranno in seguito utilizzate sul Commodore 64. L'architettura era infatti basata su un microprocessore MOS Technology 6510 a 1Mhz, il co-processore video VIC-II (MOS 6566, in questa variante) e il chip audio SID.
La grande differenza rispetto al Commodore 64 era la dotazione di RAM: solo 2,5Kb per mantenere bassi i costi. Il Commodore MAX Machine non era dotato di software residente in ROM, l'unico modo per rendere la macchina operativa consisteva nell'inserimento di una cartuccia, cosa che lo rendeva più simile ad una console da gioco che ad un home computer.
Tuttavia, poteva essere acquistata a parte una cartuccia contenente una versione del BASIC. Il BASIC Mini era una versione ridotta del BASIC v2.0 con soli 512 byte di memoria libera, mentre il BASIC MAX era una versione completa di tutti i comandi del BASIC 2.0 (lo stesso del VIC-20 e del Commodore 64) con 2Kb di memoria libera.
MAX Machine Design
L'originale case del Commodore MAX è opera del designer Ira Velinsky, all'epoca impiegato nella divisione giapponese di Commodore. In seguito, Velinsky curò l'aspetto della serie professionale CBM-II (610 e 720), che vengono considerati fra i computer più belli prodotti da Commodore. Successivamente Velinsky approdò alla Atari: a lui si deve il design di altri pezzi di storia come l'Atari Portfolio e lo Stacy.
Ultimax-mode: C64 compatibile
Tutti i giochi su cartuccia prodotti per la MAX Machine sono compatibili con il Commodore 64: secondo la filosofia di Jack Tramiel, era inammissibile sprecare tutto il materiale già prodotto per l'Ultimax e spinse affinchè il nuovo home computer fosse dotato di una modalità compatibile.
Quando veniva inserita nel Commodore 64 una cartuccia del MAX, veniva automaticamente attivato un "Ultimax-mode", cioè una modalità compatibile che consentiva di leggere il contenuto della ROM sulla cartuccia, caricare i dati in RAM e interagire col sistema senza mandare in crash il processore.
Questa modalità compatibile permetterà in seguito lo sviluppo di accessori che consentivano di manipolare il contenuto della memoria del Commodore 64, come la famosa cartuccia Action Replay.
MAX flop
L'unica periferica disponibile per il MAX Machine era un registratore a cassette (C2N - 1530), da acquistare a parte. Non era presente la porta seriale per collegare un floppy disk, una stampante o un modem.
La piccola tastiera a membrana era inusabile per qualsiasi lavoro e assai scomoda per digitare a lungo. E tutto ciò conferma che nelle intenzioni di Commodore, la MAX Machine fosse concepita come una console da gioco e non come un home computer.
Infatti, il prezzo di vendita inferiore ai $200 era nettamente più basso dei $595 a cui venne annunciato il Commodore 64. Nell'offerta di Commodre, il MAX Machine era collocato nella stessa fascia di prezzo del VIC-20. Nel 1982 il VIC-20 era all'apice del successo, era un home computer con una vera tastiera e un ricco parco software. Nonostante la MAX Machine avesse capacità grafiche e sonore nettamente superiori, il mercato giapponese continuò a premiare il VIC-20, o meglio il VIC-1001, come era chiamato nella terra del sol levante.
Quando pochi mesi dopo fece il suo debutto il Commodore 64, la MAX Machine faticò a trovare una sua collocazione sul mercato: Kit Spencer, promosso a responsabile marketing per gli USA, preferì puntare tutto sul Commodore 64, un vero home computer, che garantiva superiori margini di guadagno rispetto alle console. Questa scelta segnò la fine della Max Machine, la produzione venne interrotta, e nonostante fosse stato annunciato in Germania e in USA, il prodotto non venne mai distribuito al di fuori del Giappone.
MultiMAX Cartridge: tutti i giochi per la MAX Machine
Nel 2014 è stata rilasciata una cartuccia chiamata MultiMAX Cartridge contenente il BASIC e tutti i giochi realizzati per la Commodore MAX Machine:
- Omega Race
- Wizard of Wor
- Kickman
- Gorf
- Avenger
- Jupiter Lander
- Super Alien
- Radar Rat Race
- Road Race
- Mole Attack
- Clowns
- Money Wars
- Bowling
- Slalom
- LeMans
- Billiards
- Pinball Spectacular
- Sea Wolf
La cartuccia MultiMAX funziona anche su C-64 e C-128. La maggior parte dei giochi erano delle conversioni di giochi arcade, con lo stesso titolo già adottato per il VIC-20, per non infrangere il copyright.
Ad esempio, Avenger era una conversione perfetta di Space Invaders, Radar Rat Race era un clone di Rally-X della Namco, LeMans si ispirava a Pro Monaco GP; altri giochi come Omega Race e Gorf avevano la licenza ufficiale che Commodore acquistò dalla Bally Midway.
Commodore MAX Machine: quotazione e prezzo
Abbiamo visto come la MAX Machine non riuscì ad imporsi sul mercato nè come home computer nè come macchina da gioco. Rimase in produzione solo per pochi mesi, durante la seconda metà del 1982: si stimano circa 50.000 esemplari di Commodore Max venduti esclusivamente in Giappone.
Per la sua rarità e per l'interesse storico, il Commodore MAX è un pezzo molto ricercato dai collezionisti; di conseguenza la sua quotazione è elevata. Naturalmente il prezzo a cui viene venduto varia molto in base allo stato di conservazione, alla presenza dell'imballo originale e degli accessori a corredo.
La quotazione per un esemplare funzionante, facendo una media dei prezzi a cui sono state le chiuse le aste su Ebay nel corso degli ultimi anni, si aggira sui €700, ma recentemente sono stati venduti esemplari boxati ad un prezzo superiore a €1000.