Nel 1962 Douglas Engelbart aveva teorizzato l'Augmentation Framework, un sistema informatico mirato ad aumentare le capacità dell'uomo che manipolava informazioni in tempo reale.
Engelbart meditò a lungo sulle caratteristiche della sua macchina ideale ed esplorò un concetto che sarebbe diventato noto come "interazione uomo-macchina".
Per la prima volta era possibile considerare l'uso di un computer per delle finalità che andavano oltre il mero calcolo numerico. La visione di Engelbart era focalizzata sull'interazione fra la macchina e il suo utilizzatore, un concetto del tutto nuovo per l'epoca.
Il mouse come sistema di puntamento
Quando iniziò a pensare una soluzione pratica per interagire con il computer, Engelbart delineò il concetto del mouse. Con i fondi della NASA iniziò a sperimentare vari sistemi di puntamento per selezionare testo e oggetti grafici visualizzati sullo schermo. Lo scopo era individuare quale fosse il sistema che consentiva all'utente di spostare un cursore nel modo più preciso e veloce.
Vari strumenti di puntamento erano già in uso: penne ottiche, trackball e tavolette sensibili al tocco di uno stilo. La RAND Corporation aveva appena inventato quest'ultime ma si rifiutò di fornirne un campione ad Engelbart per i suoi esperimenti. L'idea di uno strumento che potesse essere impugnato con una mano e trascinato sulla scrivania, venne ad Engelbart ripensando ad un semplice dispositivo meccanico chiamato planimetro che permetteva di tracciare il perimetro di figure piane e calcolarne istantaneamente l'area. Un professore glielo aveva mostrato allo scuole superiori e ne rimase affascinato.
Pensava che le due piccole ruote su cui si basava il funzionamento del planimetro, potessero essere collegate a dei potenziometri che avrebbero trasmesso in tempo reale la variazione del voltaggio a secondo del movimento che veniva applicato. Le due ruote si muovevano indipendentemente attorno ad assi perpendicolari fra loro, lo spostamento corrispondeva alla rotazione di un certo numero di gradi e il voltaggio risultante poteva essere tradotto nelle coordinate X e Y del cursore sullo schermo.
Il prototipo del mouse
Engelbart schizzò il progetto e lo consegnò a Bill English, l'ingegnere che aveva il compito di tradurre in realtà le sue idee. Commissionarono ad un falegname un'elegante scatoletta di legno di pino, grande abbastanza per ospitare le due rotelle, i due potenziometri e il resto dei componenti. Il primo mouse assemblato da English risultò inevitabilmente grosso e sgraziato, in parte dovuto alle dimensioni dei potenziometri disponibili all'epoca e in parte alla scelta di usare delle rotelle dal diametro abbastanza grande per coprire con un unico giro la distanza di almeno una quindicina di centimetri, il minimo indispensabile per poter essere tradotta in coordinate sullo schermo con sufficiente precisione.
Il mouse venne messo a confronto con una serie di altri dispositivi di puntamento. I volontari che si prestavano all'esperimento, dovevano sedere alla postazione di lavoro, premere la barra spaziatrice per far partire il timer, usare il dispositivo per selezionare un carattere sullo schermo nel più breve tempo possibile e quindi premere un tasto a completamento dell'operazione.
Sotto certi aspetti era come giocare ad un primordiale videogame. Il mouse si dimostrò di gran lunga il dispositivo più veloce e preciso, ma ci furono alcuni risultati sorprendenti. Pedali e frecce direzionali vennero immediatamente scartati, mentre uno strumento che si azionava con le ginocchia fornì delle buone performance, tanto da classificarsi in alcuni casi al secondo posto dietro al mouse.
Dopo aver completato i primi test, English iniziò a rifinire il progetto del mouse e prese una decisione che si rivelò strategica. Stava pensando al numero di tasti di cui avrebbe dovuto dotare il mouse e velocemente arrivò alla ovvia conclusione che il giusto numero sarebbe stato tre, non in base ad un particolare studio ma per il semplice fatto che c'era spazio sufficiente solo per tre tasti in quel prototipo in legno.
Intuitività vs complessitÃ
Engelbart non fu soddisfatto quando lo vide, avrebbe voluto molti più tasti perché riteneva che tanto più un dispositivo era complesso, maggiore era il controllo del sistema che poteva garantire. Questo conflitto fra la facilità d'uso e funzionalità avanzate si ripresentò più volte nel corso della sua carriera e molti anni dopo lo portò ad affermare di aver fallito la propria missione. à emblematico di come Engelbart fosse proiettato in avanti e nello stesso tempo perdesse un po' il contatto con la realtà del mondo che lo circondava.
Chi ha inventato il mouse?
Il brevetto del mouse fu depositato nel 1967 e il dispositivo fu descritto come "X-Y position indicator for a display system". Il concetto rappresentava un'evoluzione della trackball, un dispositivo già in uso nei sistemi radar dalla fine della seconda guerra mondiale. Dal 1966, l'azienda americana Orbit Instrument Corporation produceva un dispositivo chiamato X-Y Ball Tracker, una trackball, che era parte integrante dei sistemi di controllo del traffico aereo.
Nello stesso periodo, in Germania, la Telefunken stava sviluppando il terminale grafico SIG 100-86 per il mainframe TR 440 e decise di adottare una trackball simile. Poco tempo dopo, al team di sviluppo venne l'idea di smontare la trackball dalla consolle e di "rovesciarla": ciò portò all'introduzione del primo mouse dotato di sfera, denominato Rollkugel (che in tedesco significa "sfera rotante").
Già a partire dal 1968, il Rollkugel RKS 100-86 veniva proposto come dispositivo di input, in alternativa alla penna ottica e alla trackball, per il sistema della Telefunken. L'azienda tedesca non prese neanche in considerazione l'idea di brevettare quel nuovo dispositivo perché lo considerava semplicemente una trackball rovesciata.