Disponibile in versione cartacea (500 pagine!) e in formato elettronico E-book Kindle
Puoi ordinare il libro cartaceo anche qui
“Non è nato in un garage” è un titolo che suona provocatorio,
forse più di quanto dovrebbe. Intuendo un riferimento al garage
di Steve Jobs, più volte mi è stato chiesto: “È un libro anti-Apple?”
No, assolutamente no, è bene chiarirlo da subito. Il presunto garage
potrebbe anche essere quello di Lee Felsenstein o di qualche altro
esponente dell'Homebrew Computer Club. In un senso più ampio, il
“garage” rappresenta l'impulso creativo degli hobbisti della Bay Area
che hanno contribuito a definire il PC come lo conosciamo oggi.
È innegabile che in quel momento, verso la metà degli anni '70,
erano al lavoro delle forze convergenti che fecero scattare la scintilla.
Il computer stava arrivando alla gente spinto da due direzioni:
dall'alto, grazie alle aziende che puntavano sui minicomputer e
sistemi distribuiti da utilizzare in time-sharing, e dal basso, con le
macchine personali degli hobbisti basate sulle ultime innovazioni
portate dall'industria dei semiconduttori.
L'innovazione tecnologica avanza lungo un fronte ampio, non lineare; le grandi invenzioni
non vengono mai create dal nulla ma sono frutto di molteplici
idee che si fondono al momento giusto. Ma i computer non possono essere considerati soltanto come un
prodotto di ingegneri che lavorano in un campo esclusivamente
tecnico; sono invece il risultato di complesse dinamiche economiche,
politiche e sociali, oltre che tecniche, che vanno inquadrate in
un contesto storico.
Quasi tutte le storie sull'origine del personal computer prendono atto nella Bay Area e si focalizzano sulla
spinta dal basso degli hobbisti. Generalmente, vengono fatti passare in
secondo piano i progressi fatti nell'elettronica dello stato solido e
i precedenti tentativi di affermare l'idea di informatica personale.
Questo libro si concentra sulla fase di passaggio dalle architetture
centralizzate ai dispositivi dedicati al singolo utente, descrivendo
le varie spinte dall'alto durante un periodo storico più ampio. È la
parte, di solito appena accennata o liquidata come “background”, a cui
ho voluto dedicare maggiore attenzione, rovesciando la prospettiva.
Nei vari capitoli, il concetto di personal computer è legato strettamente
al suo utilizzo interattivo, piuttosto che all'idea di un
prodotto commerciale. La maggior parte degli eventi trattati prende
atto a cavallo degli anni ‘70, diverso tempo prima che i garage
della Silicon Valley salissero alla ribalta della cronaca. Aziende
come Xerox, DEC, HP, Olivetti, Wang, Viatron e CTC portarono
avanti parallelamente una propria interpretazione di informatica
personale. L'approccio poteva essere radicale, oppure più conservativo
e pragmatico, in base alle finalità. Infatti, sebbene il personal
computer faccia da fi lo conduttore, non bisogna mettere sullo stesso
piano e confrontare direttamente prototipi realizzati in laboratori
di ricerca con macchine destinate a competere sul mercato.
Alcune idee, tecnicamente fattibili, non potevano tradursi in prodotti
con un livello di prezzo adeguato per l’utenza a cui erano rivolti.
In quest’ottica viene anche riconsiderato il ruolo del microprocessore,
importantissimo ma non fondamentale alla definizione di personal
computer. Non fu una vera e propria invenzione, nel senso strettamente
tecnologico del termine; sotto certi aspetti, faceva parte di
un normale percorso evolutivo nell’industria dei semiconduttori.
L’adozione del microprocessore da parte dei produttori di personal
computer, più che un risparmio sui costi, segnò una discontinuità
netta con le precedenti architetture derivate dai minicomputer. Il
vantaggio principale di cui beneficiarono gli hobbisti fu la possibilità
di lavorare a dei progetti che, grazie a quel nuovo componente, apparivano
notevolmente semplificati. Come rovescio della medaglia, i
primi personal computer seguirono un percorso evolutivo disordinato
che non favorì la creazione di uno standard. Cosa più importante,
persero una caratteristica fondamentale, quella che Douglas
Engelbart e Alan Kay consideravano come parte integrante del concetto
stesso di personal computer: la possibilità di comunicare in rete.
Senza addentrarsi nei dettagli tecnici, il libro racconta la storia dei pionieri
che hanno reso il computer uno strumento interattivo e personale.
Il contributo del governo americano
Il sistema interattivo di Douglas Engelbart
10 anni nel futuro
La nascita delle comunità online
Pensare in piccolo, arrivano i minicomputer
L'Olivetti Programma 101 apre un nuovo mercato
Il computer in tasca
Office Information System
L'industria dei semiconduttori
I sistemi distribuiti di Viatron e Four Phase
Terminale intelligente o personal computer?