Wozniak sceglie la memoria DRAM per l'Apple I

L'adozione delle memoria dinamica (DRAM) utilizzata anche come memoria video condivisa fu una delle innovazioni che caratterizzarono il progetto dell'Apple I

Apple1 motherboard DRAM

Il progetto dell'Apple I aveva già iniziato a prendere forma.

Non sono mai stato il tipo che aveva il coraggio di alzare la mano durante i meeting più importanti dell’Homebrew e dire: “Ehi, guardate che grande miglioramento ho fatto al computer”. No, non avrei mai detto queste cose di fronte ad un garage pieno di persone.
Ma al termine della discussione principale, ogni mercoledì, io sistemavo le mie cose su un tavolo e rispondevo alle domande della gente. Tutti quelli che volevano chiedere qualcosa erano i benvenuti. Mostravo quel computer che in seguito, dopo averlo perfezionato, sarebbe diventato noto con il nome di Apple I.

Un computer "economico"

Non studiavo mai prima quello che avrei dovuto dire. Cominciavo con la demo e lasciavo che la gente facesse le domande che mi aspettavo e alle quali volevo rispondere. Ero così orgoglioso del mio progetto – e credevo così tanto nella missione del club di diffondere l’informatica – che fotocopiai un centinaio di copie del mio progetto (incluso quello del programma monitor) e le distribuii a tutti quelli che ne volevano una.
Speravo che sarebbero stati in grado di costruirsi il loro computer a partire dal mio progetto. Volevo che la gente venisse a conoscenza della cosa fantastica che avevo ideato. Tutti si meravigliavano del fatto che il mio computer avesse soli trenta chip. Questo era lo stesso numero di chip che aveva un Altair, con la differenza che con l’Altair non ci si poteva fare praticamente nulla se non si compravano anche molti altri costosi componenti.

Il mio computer si rilevò economico fin dall’inizio. E il fatto che potesse funzionare con la TV di casa, invece di pagare migliaia di dollari per una costosa telescrivente, lo distinse da tutti gli altri computer in circolazione. Inoltre, io non ero mai stato soddisfatto di poter inserire solo degli 1 e degli 0. Il mio obiettivo, fin dal liceo, era quello di avere il mio computer per programmare, sebbene io avessi sempre dato per scontato che il linguaggio sarebbe stato il FORTRAN.

Serve un linguaggio per l'Apple I

Il computer che costruii non aveva ancora un linguaggio. A quell’epoca, nel 1975, un ragazzo di nome Bill Gates stava cominciando a farsi un po’ di fama nel nostro gruppo per l’aver scritto un interprete BASIC per l’Altair. Il nostro club ne aveva una copia su un nastro perforato che poteva essere letto da una telescrivente, impiegando circa trenta minuti per completare il caricamento.
Nello stesso periodo uscì anche un libro intitolato 101 Basic Computer Games. Percepivo nell’aria che le cose stavano cambiando. E’ per questo che decisi che il BASIC sarebbe stato il linguaggio giusto per l’Apple I e il suo microprocessore 6502.
Scoprii poi che non ne esisteva nessuno per questo microprocessore. Significava che se avessi scritto un interprete BASIC per il 6502, il mio sarebbe stato il primo. E sarei potuto diventare famoso. La gente avrebbe detto: "Oh, Steve Wozniak, è lui che ha scritto il BASIC per il 6502".

Le memorie DRAM

Comunque, la gente che vedeva il mio computer vedeva il futuro. Ed era una porta a senso unico. Una volta che ci entravi, non potevi più uscirne. La prima volta che mostrai il mio progetto, usavo ancora memoria statica (SRAM), lo stesso tipo di memoria che avevo impiegato nel CreamSoda Computer. Ma sulle riviste di elettronica si faceva un gran parlare di un nuovo tipo di chip di memoria chiamata “dynamic RAM” (DRAM), in grado di contenere fino a 4Kbit per chip.
Gli articoli sentenziavano che per la prima volta sarebbero state disponibili delle memorie a semiconduttori meno costose delle memorie a nucleo magnetico. Fino ad allora, tutti i computer dei principali produttori, come i sistemi di IBM e Data General, ancora usavano le memorie statiche.
Avevo bisogno come minimo di 4K byte di memoria e per questo quantitativo avrei impiegato solo otto dei nuovi chip, invece dei trentadue chip SRAM che mi ero procurato da Myron.

Il mio obiettivo fin dalle scuole superiori era stato quello di usare il minor numero possibile di chip, così era quella la strada che avrei seguito. La principale differenza fra la SRAM e la DRAM è che la DRAM deve essere continuamente aggiornata o il suo contenuto si perde. Ciò significa che approssimativamente il microprocessore deve effettuare un refresh dei 128 differenti indirizzi della DRAM ogni due millisecondi per evitare la perdita dei dati. Aggiunsi della DRAM come memoria video, per scrivere quelle informazioni che dovevano essere visualizzate sullo schermo.
Sfruttai il segnale di clock del microprocessore, mantenendo in attesa ogni altra operazione, durante un piccolo intervallo di tempo chiamato “refresh orizzontale.” Avete presente come una TV a tubo catodico esegue la scansione di ogni linea procedendo dall’alto verso il basso? Impiega circa 65 microsecondi (milionesimi di secondo) per scandire ogni linea.
Bene, si evince che durante 40 di questi microsecondi la linea rimane visibile mentre durante gli altri 25 non lo è. Sfruttai questo intervallo di tempo di 25 microsecondi, il cosiddetto periodo di refresh, per inserire le chiamate alla memoria DRAM. (Gli indirizzi della memoria non dovevo ricalcolarli perchè usavo i registri dove erano generati i segnali video).

Mi bastarono pochi chip per selezionare il giusto indirizzo di memoria prendendo i valori orizzontale e verticale dai registri del terminale video e far funzionare il tutto. In pratica rubavo alcuni cicli di clock al microprocessore per effettuare il refresh della DRAM. Non avevo idea di come procurarmi i chip DRAM, ma fortunatamente, proprio in quel periodo al club c’era un tale, che lavorava all’AMI, che offriva alcuni chip DRAM da 4K-bit a un prezzo ragionevole.
Questo accadeva prima che fossero disponibili sul mercato. Oggi mi verrebbe da pensare che qualcuno potrebbe averli sottratti indebitamente all’AMI, ma all’epoca non feci alcuna domanda.

Comprai otto chip da quel dipendente AMI a $5 l’uno e modificai il mio design. Aggiunsi qualche connessione all’alloggiamento della RAM sulla scheda dell’Apple I così da poter usare sia i chip SRAM che DRAM. Quando collegai un banco di DRAM funzionò al primo colpo. Mostrai questa nuova fantastica caratteristica a Steve Jobs. Lui era stato con me all’Homebrew alcune volte e mi aveva aiutato a trasportare la mia TV.
Continuava a chiedermi se fossi stato in grado di costruire un computer che potesse essere usato in timesharing come il minicomputer che usava un’azienda del posto chiamata Call Computer. Un anno prima, Steve ed io avevamo venduto il mio terminale ARPANET alla Call Computer di Mountain View, cedendo loro i diritti per realizzarlo e metterlo in vendita. “Certo,” dissi “un giorno...” Pensavo che si potesse fare, ma ci sarebbero voluti anni. Poi mi chiese se un giorno sarebbe stato possibile aggiungere un disco per memorizzare i dati. Io risposi, di nuovo, “Certo. In futuro si potrà fare”.

Ma era evidente che sarebbe dovuto passare parecchio tempo per simili evoluzioni. In seguito, alcuni giorni dopo l’adozione delle DRAM AMI, Steve mi chiamò a lavoro. Mi chiese se avevo preso in considerazione l’ipotesi di usare la DRAM prodotta da Intel al posto di quella di AMI. “Oh, le memorie di Intel sono migliori, ma non posso permettermele”, gli risposi.
Steve disse di dargli un minuto. Fece alcune chiamate e grazie a qualche miracolo del marketing, considerandone il prezzo e la rarità, riuscì ad ottenere gratuitamente alcuni chip DRAM di Intel.
Steve era quel tipo di persona. Sapeva come comportarsi e cosa dire agli addetti alla vendita.
Io non ci sarei mai riuscito, ero troppo timido.

Fatto sta che, una volta entrato in possesso dei nuovi chip, riprogettai attorno ad essi la scheda. Ne ero veramente soddisfatto perchè ora il mio computer aveva un aspetto ancora più compatto. Dovetti aggiungere un paio di chip per farlo funzionare con le DRAM Intel, ma i chip di Intel erano fisicamente molto più piccoli di quelli di AMI.
Mi devo soffermare su questo punto per spiegare quale grande vantaggio ci sia nell’avere chip di piccole dimensioni. Ricordate quando ho detto che il mio obiettivo era quello di avere un design funzionante con il più basso numero possibile di chip? Bene, c’è dell’altro.
Una volta, ai tempi della scuola superiore, stavo cercando di procurarmi i chip per un computer che avevo progettato. Mio padre mi accompagnò per incontrare un ingegnere che conosceva alla Fairchild Semiconductor, l’azienda che aveva inventato i semiconduttori.
Gli dissi che avevo riprogettato per due volte un minicomputer esistente. Avevo scoperto che se avessi usato chip prodotti da Signetics (un concorrente della Fairchild), il computer avrebbe richiesto meno chip rispetto a quelli che sarebbero stati necessari se avessi utilizzato quelli prodotti da Fairchild. L’ingegnere mi chiese quali particolari chip Signetics avevo pensato di usare. E io gli dissi il numero del modello. Egli puntualizzò che i chip Signetics che avevo intenzione di utilizzare nel mio design erano fisicamente molto più grandi, con molti più pin che richiedevano molte più connessioni, rispetto agli equivalenti chip Fairchild, e che così non facevo altro che aggiungere complessità.

Rimasi stupefatto. Mi fece capire in un attimo che semplificare il progetto di un computer consiste in realtà nell’avere il minor numero possibile di connessioni, non semplicemente meno chip. Così cambiai il mio obiettivo dal progettare impiegando un minor numero di chip a quello di avere una scheda con la più piccola superficie possibile. Solitamente avere meno chip corrisponde ad avere meno connessioni, ma non sempre.

Tornando alle DRAM per l’Apple I, passare dalle memorie AMI a quelle Intel mi aveva permesso di ridurre le dimensioni totali della scheda, anche se dovetti aggiungere un paio di chip in più per realizzarlo. In retrospettiva, la scelta di adottare i chip Intel si rivelò davvero importante perchè quei chip diventarono lo standard per tutti i futuri chip di memoria, il cui principio di funzionamento continua ad essere usato anche oggi.

Perchè non lo vendiamo?

Fino al Giorno del Ringraziamento del 1975, Steve aveva partecipato con me ad alcuni incontri all’Homebrew. In seguito mi disse che aveva notato una cosa: le persone all’Homebrew parlavano di tecnica, avevano schemi e diagrammi, ma quasi nessuno di loro aveva il tempo o la capacità di costruire il computer del quale parlavano, cosicchè tutti i progetti rischiavano di rimanere sulla carta. Lui propose “Perchè non costruiamo noi una scheda con il circuito stampato e poi gliela vendiamo?”

In questo modo, disse, gli appassionati avrebbero potuto saldare i chip sulla scheda ed ottenere il loro computer in giorni anzichè settimane. Avrebbero trovato già fatto la maggior parte di quel difficile lavoro. La sua idea era di produrre queste schede stampate per $20 e rivenderle a $40. Sarebbero state considerate un vero affare perchè quasi tutti i frequentatori del club sapevano come procurarsi gli altri chip di cui avevano bisogno, probabilmente anche gratis dalle aziende in cui lavoravano.

Francamente, non riuscivo a vedere il modo di poterci guadagnare qualcosa. Non capivo neanche come saremmo potuti rientrare dell’investimento iniziale di circa $1000 che avremmo dovuto dare alla ditta che si fosse occupata di realizzare le schede stampate. Avremmo dovuto vendere cinquanta schede a $40 ma non pensavo proprio che all’Homebrew ci fossero cinquanta potenziali acquirenti a cui potesse interessare la cosa. Dopo tutto, il club aveva solo cinquecento membri a quel tempo e la maggior parte di loro erano fanatici dell’Altair.

Ma Steve aveva dei buoni argomenti. Ne discutevamo nella sua macchina e lui disse — lo ricordo come fosse ieri: “Beh, anche se dovessimo perdere i nostri soldi, avremo comunque un’azienda. Per una volta nella vita, avremo un’azienda tutta nostra”.
Per una volta nella vita, avremo un’azienda tutta nostra. Fu questo che mi convinse. Guardare la cosa da questo punto di vista era veramente eccitante: due veri amici che danno vita alla loro azienda. Sapevo che stavamo facendo la cosa giusta. Come potevo dubitarne?

Continua con: la fondazione della Apple Computer



ARTICOLI CORRELATI
La fondazione della Apple
La genesi dell'Apple I raccontata da Steve Wozniak
Steve Wozniak all'Homebrew Computer Club
Zaltair, lo scherzo clamoroso di Steve Wozniak
Frog Design prototipi Apple
Biancaneve Design, l’eleganza veste i computer Apple
Il Newton e l'errore dei PowerPC
La Pepsi Generation e il lifestyle marketing
La filosofia di Steve Jobs
Hartmut Esslinger, il design fra innovazione e business